FAQ mediche

Ecco un elenco compilato nel corso degli anni con le domande più comuni. L’elenco è stato compilato dai medici DAN e raccoglie consigli specifici, basati su dati di fatto, che i nostri iscritti dovrebbero considerare.

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Cosa dovrei sapere prima di fare immersioni se soffro di herpes labiale?
Di seguito troverà alcuni punti che dovrebbe considerare:
  • L'esposizione al sole o un trauma meccanico provocato dalla maschera e/o l'erogatore potrebbero peggiorare la ferita, ingrandendo la crosta e allungando i tempi di guarigione.
     
  • Se la piaga sanguina, presenta delle perdite o è comunque aperta, il rischio di infezione patogena nell'acqua è significativo. Un'infezione batterica può causare complicazioni per chi è affetto da herpes labiale, è quindi importante lavare la parte con acqua e sapone e tenerla più asciutta e pulita possibile.
     
  • Nel caso che il corpo della maschera una volta indossata vada a sfregare la piaga in modo da irritarla, è meglio rinviare le immersioni. Lo stesso vale per l'erogatore; se tenerlo in posizione causa irritazione, non è raccomandabile fare immersioni.
     
  • Con il suo compagno di immersioni, ripassate le procedure per la respirazione in coppia in caso che uno dei due rimanga senz'aria, tenendo conto che l'herpes labiale è contagioso. Se si affitta l'attrezzatura, occorrerà assicurarsi che siano seguite le corrette procedure di decontaminazione. Anche se improbabile, esiste sempre la possibilità del bisogno di una rianimazione. Quindi, andranno prese le giuste precauzioni per prevenire la trasmissione della malattia. Nella maggior parte dei casi questo problema non si pone perchè solitamente i kit di pronto soccorso sono provvisti di dispositivi di barriera.
     
  • Trattamenti come il penciclovir (Vectavir) e il docosanolo (Abreva) possono ammorbidire la pelle e promuovere la guarigione. Agenti anestetizzanti per uso topico come il fenolo o il mentolo possono essere usati per ridurre il disagio. Alle prime avvisaglie di un herpes, vada dal suo medico curante e inizi ad usare un medicinale da banco; iniziare una terapia antivirale entro le prime 48 ore può accellerare la guarigione. Noi le consigliamo di tornare a fare immersioni solo una volta finiti i trattamenti, quando non ci saranno più avvisaglie o sintomi connessi all'herpes labiale e le sue condizioni psicofisiche ideali.

Sono istruttore ARA e Apnea. Un mio allievo mi ha detto di soffrire di una sindrome artritica cronica, un'artrite psoriasica, per la quale è trattato con Metotrexate 15mg. Vorrei sapere se nel suo caso è controindicato fare immersioni ricreative.
L’Artrite Psoriasica è una malattia osteoarticolare infiammatoria cronica e già di per sé rappresenta una controindicazione alle immersioni per la vulnerabilità con cui predispone l’organismo al potenziale stress decompressivo, per di più l’assunzione del metotrexate potrebbe porre ulteriormente a rischio il suo allievo, per via di alcuni dei suoi effetti indesiderati, tra cui pneumotossicità e mielotossicità.
Alla luce di tutto questo è necessario verificare l’idoneità alle immersioni del suo allievo con la consulenza medica di uno specialista in medicina subacquea ed iperbarica.

Sono allergico al lattice. Ci sono parti di attrezzatura subacquea fatte di lattice? Se così fosse, non potrei intraprendere questo sport a cui sono molto interessato.
La maggior parte delle attrezzature subacquee sono fatte di silicone o di neoprene. Il lattice è di solito utilizzato nelle mute stagne, per le chiusure sul collo e sui polsi. Sì, ci sono parti di attrezzatura fatte di lattice ma esistono anche molte alternative, di altri materiali.

Con la sua attrezzatura personale avrebbe il controllo totale dell’allergia. Tuttavia, durante le vacanze subacquee, specialmente quando ci si immerge da una barca, la possibilità di imbattersi nel lattice diventerebbe reale. La gravità delle sue reazioni allergiche costituisce il miglior indicatore per considerare l’attività subacquea un’opzione. Non esiti a contattare i nostri medici in caso di ulteriori domande. Inoltre, i negozi di attrezzatura subacquea sono una buona risorsa per ricevere i consigli giusti."


Abbiamo da poco fatto un battesimo del mare al diving locale e la nostra bambina di 12 anni ha mostrato un grande interesse nel voler imparare ad immergersi. All’ultima visita pediatrica, il medico ci ha espresso alcuni dubbi sulla relazione tra la sua crescita ossea e l’immersione, anche se ci sono molti bambini che praticano questo sport. Dovremmo preoccuparci per la crescita di nostra figlia se decidessimo di farle fare immersioni?
In generale, la preoccupazione principale riguarda la possibile formazione di micro bolle all’interno del flusso ematico dei subacquei. Queste vengono chiamate “bolle silenziose” poiché non producono nessun sintomo particolare, anche se presenti.

Nessuno sa in che misura potrebbero formarsi nei subacquei più giovani. Queste bolle potrebbero ostruire il flusso sanguigno nei vasi che nutrono i piatti epifisari, anche chiamati “piastre della crescita”.
Questo processo potrebbe portare a necrosi avascolare localizzata o deformità angolari durante lo sviluppo delle ossa lunghe, in particolare della testa del femore, del femore distale e della tibia prossimale.
I piccoli subacquei dovrebbero sempre seguire le linee guida dei programmi specifici per loro, queste limiteranno l’esposizione all’azoto grazie alle ridotte profondità, al ridotto tempo d’immersione ed al numero stesso di immersioni, inoltre il maggiore intervallo di superficie aiuta a promuovere la degassificazione di azoto.
Sebbene questa preoccupazione sia basata su concetti solo teorici, una pratica d’immersione conservativa è più che raccomandata per i più piccoli.


Io e mia moglie amiamo viaggiare verso destinazioni esotiche e il mio precedente medico era solito prescrivermi degli antibiotici in caso di malattia in località remote. Ora ho un nuovo medico che non è molto propenso alla stessa prescrizione. Cosa consiglia il DAN?
Già da tempo si segue un approccio molto più conservativo nella prescrizione di antibiotici per le diverse condizioni mediche. Questo è dovuto al notevole aumento del fenomeno della resistenza antibiotica. Molte malattie sono di natura virale e, in questi casi, gli antibiotici non sono di alcun vantaggio.

Se ci si dovesse ammalare durante un viaggio, il medico del posto è la migliore risorsa conoscendo i patogeni alla base delle malattie comuni in quella zona.
Quando si viaggia, la migliore difesa contro le malattie è lavarsi le mani con frequenza, controllare la provenienza di acqua e cibo, vaccinarsi e prendere tutte le precauzioni necessarie per i luoghi dove zanzare ed altri organismi possono trasmettere malattie all’uomo. Parli con il suo medico o consulti un sito di Viaggi e Salute, se si reca in una regione con scarsa assistenza medica.

Il medico la consiglierà sui farmaci da portare e sul loro uso.


Il mio dottore mi ha recentemente prescritto il Coumadin. Immergermi mentre prendo questo tipo di farmaco, potrebbe causarmi problemi?
C'è un riconosciuto aumento di rischio emorragico per le persone trattate con anticoagulanti come il Coumadin. Tuttavia, molte delle persone che prendono anticoagulanti- subacquei inclusi- controllano attentamente il tempo di protrombina e, con un'adeguata terapia comportamentale, non dovrebbero essere a rischio.

Alcuni medici considerano l'immersione un rischio non necessario per i pazienti sotto anticoagulanti e sconsigliano l'attività, ma il DAN non è a conoscenza di casi in cui dei subacquei si siano trovati di fronte a particolari complicanze.

Alcuni medici specializzati in medicina subacquea potrebbero approvare la subacquea ricreativa per i suddetti pazienti a condizione che:

  • il problema sopraelencato o la necessità di anticoagulanti non metta il paziente a maggior rischio di incidente, malattia o lesione, mentre si immerge
     
  • il paziente conosca i rischi e modifichi il suo modo di immergersi al fine di ridurre i rischi di barotrauma dell'orecchio, dei seni paranasali e dei polmoni così come le lesioni fisiche. Questo include evitare una compensazione forzata – la compensazione per queste persone deve risultare semplice da eseguire
     
  • il paziente s'immerga in modo conservativo, mantenendo profili d’immersione brevi e non troppo profondi per ridurre il rischio di malattia da decompressione, la quale potrebbe causare emorragia dell'orecchio interno o del midollo spinale
     
  • il paziente eviti di immergersi in circostanze nelle quali l'accesso all'assistenza medica sia limitata
     
  • i medici del DAN sono a disposizione per qualsiasi consulto con te o il tuo medico curante; non esitare a contattarci telefonicamente

Mi è stata recentemente diagnosticata la sindrome di Raynaud. Sono un subacqueo appassionato, posso continuare ad immergermi?
La sindrome di Raynaud riduce l’afflusso di sangue alle estremità del corpo, in particolare alle dita delle mani e dei piedi che diventano doloranti, freddi e arrossati, conseguentemente al ritorno della circolazione sanguigna. La base del problema è la costrizione dei vasi sanguigni in risposta al freddo, allo stress o ad altri fenomeni associati alle suddette aree.

I sintomi sono solitamente scarsi.
Il fenomeno di Raynaud può comparire come problema isolato ma è più comunemente associato ad alcuni disordini dei tessuti autoimmuni e connettivi come la sclerodermia, l’artrite reumatoide e il lupus.
La sindrome di Raynaud diventa una minaccia per quel subacqueo che ne è affetto in modo grave, tanto da poter causare la perdita della funzionalità delle mani e delle dita durante l’immersione. Se il freddo innesca i sintomi nell’individuo con tale patologia, l’immersione in acque fredde farebbe probabilmente lo stesso.

Questi individui dovrebbero evitare di immergersi in quelle acque fredde abbastanza da attivare i sintomi della patologia su mani senza guanti: il dolore potrebbe essere talmente forte da impedire al subacqueo di usarle per scopi pratici. Coloro affetti dalla sindrome di Raynaud in modo più lieve, potrebbero essere in grado di avere una funzionalità adeguata in acqua. Ai pazienti con sintomi più gravi possono essere prescritti dei calcioantagonisti; i giramenti di testa potrebbero costituire un effetto collaterale significante quando ci si alza da seduti o dalla posizione supina.


È possibile immergersi dopo aver avuto un ictus?
Un ictus, o mancato afflusso di sangue al cervello, causa una lesione di parte del parenchima cerebrale o una emorragia da uno dei suoi vasi sanguigni, risultando, nei due casi, in conseguenze simili. La gravità degli ictus varia da caso a caso e le lesioni derivanti dipendono sia dalla dimensione che dalla parte del cervello lesa.
  1. La maggior parte degli ictus si riscontra nelle persone più anziane, principalmente in coloro con condizioni cliniche di arteriopatie di livello avanzato.
     
  2. L’entità della disabilità causata dall’ictus (es. paralisi, perdita della vista) determina l’idoneità o meno alla subacquea.
     
  3. L’esercizio fisico intenso, il sollevamento di pesi in acqua e la manovra di Valsalva aumentano la pressione arteriosa a livello cerebrale aumentando, di conseguenza, il rischio emorragico.
     
  4. L’ immersione in sé, nonostante l’esposizione all’elevata pressione parziale e all’elevata pressione idrostatica, non provoca l’ictus.
     
  5. Esiste sicuramente un rischio maggiore nell’immergersi se si hanno storie precedenti di ictus. Vi sono tuttavia circostanze particolari, come nei casi di emorragia celebrale nei più giovani, nei quali si è intervenuti sull’arteria patologica che presenta ancora alcuni residui della lesione preesistente. Questo tipo di recupero potrebbe consentire il ritorno in acqua, con una piccola percentuale di rischio. Ogni situazione, diversa dall’altra, richiede una valutazione specifica da parte del medico specialista. È anche consigliabile un consulto da un neurologo che sia competente anche in medicina subacquea ed iperbarica.
     
  6. Una preoccupazione simile esiste anche con sintomi residuali significativi, come nel post operatorio di un tumore al cervello.

Mi è stata diagnosticata un’arterite temporale 10 mesi fa e sono stato trattato con un’alta dose di Prednisone (cortisone) (60mg/dì) che, mese dopo mese, mi è stato diminuita. Ora ne assumo 15mg/dì e mi sento bene. Rappresenta questa una controindicazione per la subacquea? Devo limitare le mie immersioni ai 20 metri?
Per quanto riguarda le immersioni subacquee ricreative è vero che non sappiamo molto circa l'interazione tra cortisone, la condizione patologica di arterite temporale e le immersioni.

In questi casi è bene fare attenzione. Non credo ci siano particolari problemi, ma penso che la limitazione relativa ai tempi di immersione e alla profondità della stessa sia saggia.


Ad ottobre dell’anno scorso sono stato ricoverato per una coronaropatia critica trattata con angioplastica coronarica ed impianto DES (Drug Eluting Stent). Ottimo risultato angiografico, nessuna complicanza. L'ecocardiogramma, che all'ingresso evidenziava ipocinesia di tutto l'apice cardiaco, in dimissione ha mostrato la normalizzazione di tutti i segmenti ipocinetici. Ho effettuato una prima visita di controllo il febbraio successivo con ECG ed una seconda a maggio con test da sforzo. Il risultato è stato il seguente: test negativo, test da sforzo massimale, in sospensione di Metoprololo (Metoprolol), negativo per ischemia miocardia inducibile. Ci sono controindicazioni per l'attività subacquea?
Lo step mancante al percorso di controlli clinici e visite che ha già eseguito, è l’effettuazione di una visita per l’ottenimento dell’idoneità alle immersioni con uno specialista medico subacqueo ed iperbarico.

Inoltre, per ciò che concerne le caratteristiche che dovranno avere le sue immersioni da oggi in poi, sicuramente dovrà evitare forti correnti ed acque fredde e dovrà mantenersi entro i limiti dell’immersione ricreativa pura, dunque massimo 30 m, No-Deco.


Devo fare il Corso OWD ad un'allieva che ha una protesi in silicone al seno. Volevo sapere se ci sono controindicazioni sulla profondità (pressione) e sull'assorbimento dell'azoto da parte del silicone.
Ci sono poche notizie sulla resistenza di protesi siliconiche in immersione. Quelle che esistono si riferiscono essenzialmente alle protesi mammarie e riportano in generale notizie compatibili con la sicurezza e l'affidabilità delle stesse. Le cautele da adottare sono quelle generiche e meccaniche.

La possibilità - reale e frequente - che si formino bolle di gas inerte all'interno della protesi, non appare di rilevante importanza, in quanto il fenomeno resta limitato all'interno della protesi, non provocando danni.
Ciò si applica sia alle protesi totalmente siliconiche, che a quelle liquido-silicone.

Non si hanno notizie di interesse statistico o scientifico in merito alle iniezioni siliconiche intratissutali, anche se in linea teorica, potrebbe esserci il rischio di una produzione di bolle localizzata e secondo tempi diversi da quella del tessuto circostante.

Considerando, però, che l'iniezione è nel tessuto e che la sostanza iniettata comunica liberamente con le zone circostanti, si potrebbe supporre un libero scambio di gas ed un rischio non significativo di eventi dannosi.


Ho delle protesi mammarie. Vorrei imparare ad immergermi ma ho timore degli effetti della pressione. Ci sono degli studi a riguardo?
Sono stati testati tre tipi di protesi, con diversi materiali di riempimento: gel di silicone, soluzione salina, e combinazione di silicone e soluzione salina. Durante l’esperimento, i ricercatori hanno simulato diversi profili d’immersioni ricreative, con tempi e profondità diverse. C’è stato un aumento non significativo nella dimensione delle bolle (dall’1 al 4 %) in base alla profondità e alla durata dell’immersione, sia nelle protesi in silicone che in quelle con soluzione salina.

La tipologia di protesi con materiale di riempimento combinato (silicone e soluzione salina) ha mostrato il maggior cambiamento in volume.

La formazione di bolle nelle protesi causa un leggero aumento di volume ma non porta a nessuna conseguente lesione delle stesse o dei tessuti circostanti. Se si formano bolle gassose, queste si risolvono con il tempo.

Se è passato il giusto tempo dalla mastoplastica, si è ripresa la normale attività fisica e non c’è pericolo d’infezione, può essere possibile intraprendere l’attività subacquea.

Le protesi mammarie non costituiscono un problema per l’immersione, dal punto di vista dell’assorbimento di gas o di variazioni di dimensioni, e non costituiscono una controindicazione alla subacquea ricreativa. Sarebbe opportuno non utilizzare dei GAV con cinghie troppo strette poiché potrebbero fare pressione eccessiva sulle suture e contribuire al rischio di rottura.


Mi preoccupa l’idea di fare immersioni con l’avanzare dell’età. La perdita di tessuto osseo dovuta all’osteoporosi avrà delle conseguenze sulla mia attività subacquea?
Finora, non abbiamo avuto a disposizione un gruppo significativo di donne che: sono nella fase post menopausa e a rischio di osteoporosi (l’età media per la menopausa è sui 50, per l’osteopenia sui 60-65, mentre le fratture iniziano dai 70-75), o abbiano un’esperienza subacquea significativa, che includa un numero appropriato di immersioni profonde che le mettano a rischio di osteonecrosi.

Di conseguenza, non disponiamo di dati combacianti sull’osteoporosi e osteonecrosi nelle donne a rischio (e del resto, neanche negli uomini).

I meccanismi patofisiologici che portano all’osteoporosi e all’osteonecrosi sono differenti.

L’osteoporosi deriva da una riduzione dell’attività osteoblastica e relativo incremento dell’attività osteoclastica, che risulta nel riassorbimento e demineralizzazione delle ossa.
L’infarto della microcircolazione dell’osso è invece la causa scatenante per l’osteonecrosi. Le donne hanno un maggiore rischio di essere soggette all’osteoporosi, considerato che, durante tutta la vita, il loro picco di massa ossea è più basso di quello degli uomini e che la perdita di estrogeno durante la menopausa accellera in modo determinante il tasso di demineralizzazione delle ossa.

L’unica cosa che possiamo affermare in questo momento è che le donne dovrebbero fare immersioni nel modo più conservativo possibile, così da provare a minimizzare il rischio di osteonecrosi e non andare ad aggiungere questa malattia che danneggia le ossa al pre-esistente rischio maggiore di fratture legato all’osteoporosi di Tipo I che dipende dai livelli di estrogeno.


Sono stato invitato a partecipare ad un fine settimana di immersioni a El Hierro, in Spagna. Tuttavia, l'alloggio dove sono sistemati i subacquei è a circa 1000 mt di altitudine. Verranno fatte 2-3 immersioni al giorno, a varie profondità ma tutte ben entro i limiti. Quale dovrebbe essere l'intervallo di superficie minimo prima di salire agli alloggi?
isogna essere consapevoli che un cambio di altitudine post immersione, che ecceda i 700 mt circa, è considerato rischioso quanto volare dopo essersi immersi. Visto che la differenza di altitudine nel suo caso sarà di 1000 mt, tale rischio è applicabile.

Per esercitare la massima prudenza, sarebbe opportuno aspettare 24 ore prima di volare o salire in altitudine, ma le linee guida minime stabilite dalla DAN e dall'Associazione Medica Subacquea e Iperbarica per il volo/l'altitudine (Sheffield and Vann 2004) sono:

  • Una singola immersione entro i limiti di non-decompressione: 12 ore
  • Immersioni ripetitive o giorni consecutivi di immersioni: 18 ore
  • Immersioni con decompressione (pianificate o non pianiticate): notevolmente superiore alle 18 ore

 

Questo significa che, con 2-3 immersioni al giorno, sarebbe necessario aspettare almeno 18 ore.
Visto che ciò pare impossibile da farsi, le consigliamo vivamente di limitare le sue immersioni ad un solo tuffo al giorno, di concedersi un intervallo di superficie adeguato, o di cambiare alloggio.


Durante la mia ultima immersione, ho urtato un riccio di mare e alcune spine mi sono entrate nella coscia. Non mi è stato possibile rimuoverle tutte, quindi ho lasciato stare pensando che sarebbero cadute da sole, invece le spine sono ancora lì e a volte la coscia presenta gonfiore. Mi potreste consigliare sul da farsi per favore?
Se le spine sono solo piccoli frammenti prima o poi verranno assorbite dal corpo.

Se invece sono grandi sarebbe meglio andare da un medico per rimuoverle, altrimenti causeranno un granuloma da corpo estraneo che, anche se non è un problema dal punto di vista della salute, potrebbe lasciare una protuberanza evidente sulla pelle.


Quattro giorni fa sono venuto a contatto con una medusa nel mediterraneo. In farmacia mi hanno consigliato Flubason 0.25%, emulsione cutanea desossimetazone ma non sembra fare molto, soprattutto in termini di irritazione e prurito. C’è qualche cosa che possa aiutare la guarigione?
La terapia normale, in questi casi, è sempre basata su pomate o creme locali a base cortisonica, principalmente, con aggiunta di preparati antibiotici nel caso vi sia minaccia di infezione, che non sembra esistere nel suo caso.

È evenienza piuttosto frequente che fastidi e prurito permangano alcuni giorni, nonostante la cura. In caso sia particolarmente fastidioso potrebbe chiedere al suo medico di prescrivere una pomata cortisonica a maggior concentrazione e, per il prurito, considerare (sempre dietro prescrizione) anche un preparato anestetico per uso locale (a base di xylocaina o lidocaina).


Quando provo a somministrare le respirazioni in acqua ad un subacqueo in difficoltà respiratorie, perché non posso usare il pulsante di erogazione? Per me sarebbe più facile che usare una maschera di emergenza.
L’utilizzo del pulsante di erogazione di un regolatore di secondo stadio è stato proposto diverse volte ma i vantaggi che potrebbe offrire non bilanciano i potenziali rischi e complicanze. Se l’erogatore non è già nella bocca del sub incosciente, provare a sostituirlo potrebbe essere difficile e far perdere del tempo prezioso.

Senza una buona occlusione delle narici, qualsiasi tentativo di ventilazione non avrebbe alcun successo. Anche se l’erogatore dovesse venire posizionato in modo corretto, c’è il rischio che questo spinga la lingua indietro e bloccando quindi le vie respiratorie. Se l’erogatore non dovesse bloccare le vie respiratorie, la sfida sarebbe quella della somministrazione d’aria.


I pulsanti di erogazione non permettono una vera e propria regolazione d’ insufflazione. Questi scavalcano la funzione del secondo stadio di riduzione della pressione intermedia a quella ambientale del gas, immettendo così gas a pressione intermedia direttamente dal primo stadio.
Immettere aria nei polmoni ad una pressione così elevata potrebbe sovradistenderli eccessivamente causando possibili lesioni.
Se le vie respiratorie del subacqueo non sono ben aperte, l’aria immessa tramite il pulsante di erogazione potrebbe finire nello stomaco, causando una distensione gastrica.
Questo espone il subacqueo a rischio di reflusso e rigurgito, il che potrebbe compromettere le vie respiratorie e portare all’aspirazione del materiale rigurgitato.

Somministrare le respirazioni tramite una maschera di emergenza o strumenti simili fa sì che si vedano feedback nell’immediato sulla pressione richiesta per le insufflazioni, utilizzare a questo scopo un pulsante d’erogazione elimina questo importante feedback. Oltre a ciò viene preclusa la possibilità di erogare ossigeno al 100 percento.
Le tecniche di primo soccorso insegnate nei corsi training sono il risultato di anni di esperienza pratica.
I pulsanti di erogazione non sono mai stati progettati come strumento di salvataggio. Quando somministri le respirazioni ad un subacqueo in difficoltà, usa sempre metodi riconosciuti.

 


Vorrei sapere se le deep stop sono sempre consigliabili per immersioni ricreative, se la quota della deep deve essere a metà della massima profondità o a metà della pressione massima raggiunta e se, per immersioni multi-day, è sempre consigliato effettuare questa sosta profonda.
L’introduzione della deep stop a metà della profondità massima raggiunta durante l’immersione ricreativa in fase di risalita sembrerebbe:
  • diminuire significativamente le bolle di gas inerte rilevate alla registrazione Doppler a seguito dell’immersione
  • ridurre la tensione del gas inerte a livello dei tessuti ‘veloci’, importante dato da correlare agli scambi gassosi che avvengono all’interno del midollo spinale.

È stato concluso dagli autori delle pubblicazioni scientifiche inerenti l’argomento che la deep stop può ridurre la probabilità di malattia da decompressione.


Vi scrivo per avere informazioni circa la compatibilità di trombofilia ed immersioni. La mia compagna, sub anche lei, dopo aver fatto una serie di analisi di routine, ha scoperto di essere trombofilica (mutazione C677T nel gene MTHFR in omozigosi). Premesso che lei ha 41 anni, non è fumatrice, conduce una vita regolare e sportiva e non ha avuto episodi di trombosi o circolatori finora, vi chiedo se le sarà possibile continuare ad immergersi d'ora in poi.
Al fine di capire se vi è rischio reale o solo potenziale di eventi tromboembolici legato alla mutazione di cui è portatrice la sua compagna, le raccomandiamo di completare una valutazione di rischio tromboembolico presso uno specialista ematologo.

Teoricamente la sua compagna può essere più suscettibile al rischio decompressivo e quindi, in ogni modo, la invitiamo a ridurlo con appropriate misure preventive riguardo al profilo di immersione.

Le riporto di seguito le caratteristiche di profili d’immersione a bassa produzione di bolle:

  • non pianificare immersioni con obbligo di soste di decompressione
  • evitare, per quanto possibile, immersioni ripetitive o, se si desidera farle, rispettare intervalli di superficie sufficienti (non meno di 3 ore, meglio se di più)
  • limitare la permanenza al fondo a non più del 70% del tempo di No-Deco indicato dal computer al raggiungimento della massima profondità prevista o della indicazione della tabella
  • condurre l'immersione raggiungendo subito la massima quota pianificata e concluderla a "risalire", evitando permanenze a bassa profondità seguite da discesa a maggior profondità.
  • se il computer utilizzato consente settaggi più avanzati, impostare il GF Low a meno di 30 ed il GF High a 70
  • se possibile, utilizzare miscele arricchite con settaggi di computer o utilizzo di tabelle impostati per aria compressa

Recentemente mi è stato impiantato un defibrillatore. Finita la convalescenza, quante probabilità ho di tornare a fare immersioni? Il medico mi ha detto che funziona anche come pacemaker.
I dispositivi cardiaci impiantabili sono molto utili per i pazienti ad alto rischio di tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare, o altri tipi di aritmia che possono portare a un arresto cardiaco improvviso. Il pacemaker aumenta il ritmo cardiaco se questo si abbassa a un livello insufficiente. Con o senza il pacemaker, i dispositivi interni vengono impiantati in caso di difetti cardiaci.

Gli specialisti della medicina subacquea sostengono che, dato il rischio potenzialmente letale, le persone con tali dispositivi non sono idonee alle immersioni.

Questi dispositivi servono a prevenire un arresto cardiaco improvviso, ma il cuore stesso ha una salute precaria, condizione incompatibile con la sicurezza in immersione. Per quanto un'immersione possa essere rilassante, il cuore sarà comunque soggetto a un aumento del carico di lavoro.
Il cuore deve essere in grado di rispondere efficacemente a qualsiasi aumento dello sforzo fisico, specialmente in situazioni di emergenza.


Un cuore suscettibile di ritmi letali ha molto probabilmente subito danni a causa di una malattia coronarica o di altre patologie del tessuto muscolare cardiaco o del sistema di conduzione elettrica. Qualsiasi limite posto dal cardiologo allo sforzo fisico è un ottimo indicatore del fatto che l'attività subacquea non sarebbe certo la cosa migliore da fare.