FAQ mediche

Ecco un elenco compilato nel corso degli anni con le domande più comuni. L’elenco è stato compilato dai medici DAN e raccoglie consigli specifici, basati su dati di fatto, che i nostri iscritti dovrebbero considerare.

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Sono un istruttore attivo e devo farmi estrarre un molare e farmi mettere un impianto dentale al suo posto. Vorrei sapere quanto tempo mi consigliate di aspettare prima di tornare a fare immersioni, supponendo che non ci siano complicazioni con l'estrazione e con l'impianto.
Ho paura che la sua domanda non abbia una risposta semplice. C'è un riassunto eccellente di una situazione simile sul sito della DAN che, a seguire, riporto in parte per lei: Fino ad oggi, i chirurghi non hanno sviluppato delle raccomandazioni standard in relazione alla chirurgia orale e le immersioni: in generale, più la chirurgia è complessa, più bisogna aspettare prima di tornare ad immergersi. L'insorgere di complicazioni chirurgiche aumenterà il periodo dell'attesa, come eventuali condizioni mediche, l'uso di tabacco e il consumo di alcol.

Durante l'osteointegrazione post-operatioria (la fusione dell'impianto nell'osso), è necessario evitare qualsiasi cosa che potrebbe fare pressione sulla pelle sopra l'impianto dentale, sulla vite di copertura o su quella di guarigione."

Immergersi troppo presto dopo l'operazione, con la conseguente pressione, anche se minima, potrebbe danneggiare l'impianto. Per esempio, se il morso dell'erogatore coprisse l'impianto, la forza usata per tenerlo in posizione potrebbe risultare nel fallimento dell'impianto stesso. Ci sono anche altre considerazioni da fare. Le immersioni vanno sospese per un periodo lungo almeno almeno quanto basti ad evitare altre complicazioni associate con la chirurgia orale:

  • rivascolarizzazione (ripresa del flusso sanguigno);
  • stabilizzazione dell'impianto;
  • cambiamenti pressori nella cavità orale e nel seno mascellare;
  • abilità del paziente a tenere un erogatore in bocca; e
  • uso di merdicinali contro il dolore o le infezioni.

 

Le procedure di rigenerazione ossea e la chirurgia endoscopica dei seni sono più complesse e richiedono un periodo di attesa più lungo. Più ampia è la zona di rigenerazione, più lunga l'attesa. Alcuni dottori consigliano di evitare qualsiasi attività che causi micro-movimenti per almeno sei mesi. In effetti, potrebbe servire fino ad un anno di tempo per la completa guarigione dell'osso nel sito dell'impianto. Mentre immergersi prima di un anno potrebbe non causare problemi, dovrà essere il suo chirurgo a determinare il periodo di attesa appropriato. Anche se il suo chirurgo non pratica la subacquea, segua comunque il suo consiglio.

Visto che il suo impianto è un molare, il problema con il morso dell'erogatore non sussiste, ma le altre questioni rimangono da valutare.


Ho due domande, entrambe legate a problemi dentali: quanto tempo dovrei aspettare per immergermi dopo un’estrazione? E per quanto tempo non dovrei immergermi in seguito ad un trapianto osseo pre-impianto?
L’estrazione di un dente non deve necessariamente portarla ad interrompere l’attività subacquea. Se non ha avuto complicazioni, può immergersi tranquillamente quando e come vuole.

Se ha subito un trapianto osseo per una futura protesi dentale, si raccomanda comunque un periodo di riposo. L’immersione non rappresenta un particolare problema alle due procedure perciò, una volta ricevuto il nulla osta dal suo odontoiatra per svolgere le normali attività quotidiane, può anche tornare a tuffarsi.


Sono da poco tornato da una vacanza subacquea. Ho avuto dei problemi con un dente circa una settimana dopo il mio rientro e tre giorni dopo ho subito una cura canalare. Il mio dentista mi ha detto di conoscere un altro subacqueo con lo stesso problema; un’amica di mia moglie, anch’essa una subacquea, aveva avuto bisogno dello stesso trattamento. Si tratta di una coincidenza oppure è un problema legato all’immersione?
Non è stata stabilita nessuna relazione causa-effetto tra le cure canalari e l’immersione. E’ possibile che l’azione ripetitiva dello stringere il regolatore tra i denti possa aver aggravato un problema preesistente.

La cura canalare, di solito, diventa necessaria a seguito di un danneggiamento del nervo del dente dovuto ad un colpo diretto a livello dell’area dentale oppure come risultato di un deterioramento, ascesso o infezione del dente stesso.
Molti trattamenti canalari vengono effettuati su pazienti di età superiore ai 50 anni e che hanno avuto uno di questi problemi solo dopo aver usato la propria dentizione per molto tempo.
Tra le migliaia di subacquei certificati, oltre i 50 anni di età, queste canalizzazioni sono rare. Con tutta probabilità, si è trattato di pura coincidenza e sarebbe potuto succedere anche se non fossi stato un subacqueo.
C’è un piccolo rischio d’infezione immediatamente dopo una canalizzazione ma, una volta dimesso dal tuo dentista, non dovresti avere problemi quando ti immergi.


Ho 45 anni, sono sub dal settembre 2012. Volevo sapere se l’attività subacquea è compatibile con le malattie infiammatorie intestinali.
Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) comprendono la rettocolite ulcerosa ed il morbo di Crohn. I sintomi principali sono: diarrea, anche con sangue, dolori addominali, nausea e vomito, spesso accompagnati da febbre e perdita di peso.

Solitamente, le malattie infiammatorie intestinali presentano un primo picco d’incidenza tra i 20 e i 40 anni, in persone che presentano le seguenti problematiche:

  • Periodo di riacutizzazione della patologia alternati a periodi di completa remissione;
  • Complicanze come anemia, squilibri elettrolitici, disidratazione, malassorbimento dei liquidi, epatopatie ed astenia.

La farmacoterapia include solitamente corticosteroidi che possono compromettere la capacità di combattere le infezioni,

Compatibilità con l’immersione:
chi è affetto da MICI dovrebbe astenersi dalle immersioni fino a quando non si sia raggiunta la remissione completa dai sintomi grazie al trattamento e fino a quando non si abbia più bisogno di medicinali. Il subacqueo senza significanti complicanze da MICI e con una buona condizione cardiovascolare può considerare l’immersione.


Ho 56 anni e sono in buona salute. Tre anni fa ho avuto un’embolia polmonare idiopatica, non sto più assumendo anticoagulanti e pratico attività fisica. Posso immergermi?
Dopo un’embolia polmonare idiopatica devono essere considerati diversi fattori per stabilire l’idoneità all’immersione. Il primo si collega alla causa della patologia, per determinarne il rischio di recidive. Nel suo caso, determinarne il rischio diventa difficile poiché si è trattato di embolia idiopatica (di origine sconosciuta).

Il secondo fattore riguarda la lesione al polmone stesso che dovrà essere valutata: cicatrici e/o aderenze possono ostacolare lo scambio di gas rendendo l’immersione non sicura. DAN non è nella posizione di determinare l’idoneità individuale alla subacquea che deve essere invece confermata da uno specialista in medicina subacquea e iperbarica. Il modo migliore per iniziare il processo di definizione dell’idoneità è sottoporsi ad una TC, per confermare o meno la lesione al tessuto polmonare.
Se la risposta fosse negativa e la tolleranza all’esercizio fisico buona, è possibile riconsiderare l’immersione. Ipertensione polmonare e altre condizioni mediche associate potrebbero ridurre la tolleranza all’esercizio fisico.
Alcuni medicinali potrebbero avere effetti collaterali e quindi limitare la sicurezza in acqua. Dovrebbe discutere la sua storia clinica ed i medicinali da lei assunti con il suo medico e, se quest’ultimo dovesse confermare il suo ritorno in acqua, si faccia lasciare un certificato da poter poi mostrare ai diving operator che probabilmente le richiederanno una dichiarazione scritta prima di permetterle di immergersi.


La scorsa settimana ho preso un colpo d’aria e ho avuto la febbre oltre 39, con difficoltà respiratorie. Il medico, visitandomi, mi ha diagnosticato un broncospasmo e dato i seguenti farmaci: 3 giorni di antibiotico zitromax (Azithromycin) e successivamente Ambromucil (ambroxole). Sembra che abbia recuperato la respirazione nasale e farò un controllo ai bronchi nei prossimi giorni. Vorrei un parere prima di immergermi.
Le immersioni potranno essere riprese a pieno titolo solo dopo che il medico di base le avrà dato conferma che la condizione di infiammazione acuta,

a livello delle alte vie respiratorie e a livello bronchiale, è completamente rientrata e dunque potrà sospendere la terapia farmacologica


Qualche mese fa ho avuto uno pneumotorace spontaneo. Quanto tempo dovrei aspettare prima di tornare ad immergermi?
Purtroppo allo stato attuale uno pneumotorace spontaneo rappresenta una controindicazione assoluta all’immersione.

Due le ragioni:

  1. e si è verificato spontaneamente e non a causa di lesioni, potrebbe capitare di nuovo, in qualsiasi momento. Le statistiche dimostrano che la metà delle persone che hanno avuto uno pneumotorace spontaneo in passato lo avranno di nuovo in futuro.
  2. Inoltre, se lo pneumotorace si verificasse durante un’immersione, qualsiasi diminuzione di pressione, per esempio durante l’ascesa, aumenterebbe il volume d’aria nella cavità pleurica, determinando uno pneumotorace iperteso e comprimendo polmoni e cuore.

Questo rappresenta un pericolo importante, soprattutto se ci si trova sott’acqua, se appena emersi o persino se ci si trova sulla barca. Tutto considerato, il rischio è troppo alto, perciò dovresti evitare l’immersione. Questa restrizione include anche qualsiasi esposizione iperbarica, come in camera iperbarica, anche per scopi formativi.


Quali sono gli effetti che la SPM può avere su di me quando faccio immersioni?
La Sindrome Premenstruale, o SPM, è un insieme di sintomi psicofisiologici ancora poco compresi e definiti che interessano molte donne (25-50 percento delle donne) alla fine del ciclo menstruale, appena prima dell'inizio del flusso menstruale. I sintomi della SPM includono: umore altalenante, irritabilità, calo di lucidità mentale, tensione, affaticamento, depressione, mal di testa, gonfiore, indolenzimento del seno, dolore alle articolazioni e voglie di cibo. Si è inoltre scoperto che gravi forme di sindrome premestruale aggravano disturbi emotivi pre-esistenti. Anche se in alcuni casi viene usato il progesterone, nessun trattamento univoco e semplice è disponibile al momento.

IDONEITA' FISICA E DISTURBI LEGATI ALLE IMMERSIONI

La ricerca ha mostrato che in genere, gli incidenti sono più comuni nelle donne durante la SPM. Se una donna soffre di sindrome premestruale, sarebbe utile fare immersioni in modo conservativo durante questo periodo. Tuttavia, non esistono prove scientifiche che le donne siano più suscettibili alla malattia da decompressione o a lesioni/incidenti legati alle immersioni.

Inoltre, individui che presentano una depressione conclamata o tendenze asociali dovrebbe essere esaminati per la loro idoneità fisica prima di prendere parte in attività subacquee: potrebbero rappresentare un rischio per se stessi o per il loro compagno di immersioni.


Vorrei informazioni sul migliore metodo contraccettivo da usare, più compatibile con le immersioni. Io sarei orientata verso la spirale in rame che non comporta assunzione di ormoni.
Non esiste al momento un’indicazione medica che prediliga un metodo contraccettivo all’altro per ciò che concerne l’esposizione allo stress decompressivo. Non esistono sperimentazioni o dati clinici sulla spirale in rame, non ne ravvedo però controindicazioni particolari per ciò che concerne il suo uso in concomitanza con le immersioni.

Di norma, in assenza di effetti collaterali o documentato maggior rischio individuale di episodi trombotici (ma questo condizionerebbe anche la prescrizione del contraccettivo) neanche l'uso di anticoncezionali orali presenta controindicazioni per l'immersione.

Detto ciò, la pratica di profili di immersione più cautelativi è fortemente consigliata (immersioni senza obbligo di deco, non più di due immersioni al giorno, profondità entro i 30 metri, tempi di permanenza entro il 70-75% del massimo ammesso, eventuale utilizzo di Nitrox con tempi di immersione calcolati per aria compressa)."


Ho una domanda riguardo il connubio tra allattamento e immersione. Io e mia moglie abbiamo appena avuto un bambino, lei sta ancora allattando e, se tutto procederà nel migliore dei modi, continuerà a farlo per i prossimi 4 mesi. Dall’altra parte, però, non vede l’ora di tornare ad immergersi e mi stavo chiedendo se l’azoto, che satura gradualmente i nostri tessuti e che potrebbe senza dubbio raggiungere il latte materno, può avere qualche effetto sul bambino. Ci immergiamo di solito ad una profondità massima di 30m e restiamo entro i limiti no-deco. È mai stato fatto qualche studio a riguardo? Quale potrebbe essere l’impatto sul bambino? Mia moglie ha intenzione di tirarsi il latte prima dell’immersione in modo da dare al bambino del latte senza azoto ma, quanto tempo impiegano i tessuti del seno a desaturarsi?
Solitamente non c’è nessun accumulo di azoto nel latte materno e, anche se ciò dovesse accadere, bere questo latte non comporterebbe nessun rischio decompressivo per il bambino. Sua moglie può quindi tornare ad immergersi già da qualche settimana successiva al parto (in generale, si raccomanda di aspettare almeno 3 settimane per riprendersi dal “trauma” del parto stesso e dallo sbalzo ormonale).

Nei primi mesi, consigliamo di fare immersioni entro i limiti no-deco, cioè immersioni che non richiedono stop decompressivi – dopo tutto i cambiamenti del corpo nei 9 mesi di gravidanza non devono essere sottovalutati.

Potrebbe esserci un solo inconveniente in caso sua moglie s’immergesse mentre sta ancora allattando: la pressione esercitata dalla muta sul petto o sui seni potrebbe, in alcuni casi, ridurre la produzione del latte (quella di indossare abiti o fasciature strette intorno al petto è una tecnica conosciuta dalle donne che vogliono smettere di allattare) ma, dato che sua moglie non indosserà la muta tutto il giorno, il rischio è davvero molto basso.


E’ sicuro allattare dopo un’immersione?
Si, è sicuro. L’attività subacquea non ha effetti negativi sul latte materno e non c’è nessun rischio di MDD per il neonato.

Sebbene l’azoto si accumuli in tutti i tessuti e i fluidi del corpo materno, la dispersione del gas inerte, dopo un’ immersione sicura, avviene in modo rapido.
Quantità insignificanti di azoto possono permanere nel latte materno ma, essendo inerte, non rappresenta un rischio per il neonato. Senza dubbio, a causa del possibile rischio di crescita batterica sulla pelle sotto la muta, la pulizia meticolosa del seno dopo l’immersione e prima dell’allattamento può aiutare a prevenire malattie sistemiche.


In questi giorni mi è stato chiesto di fare un corso ad una bambina autistica di 16 anni. Vorrei sapere se è possibile e che eventuali conseguenze o controindicazioni ci possono essere.
L’autismo, per innumerevoli ragioni, presenta non poche controindicazioni alle immersioni. Tra le tante un deficit comunicativo che potrebbe mettere fortemente in pericolo la bambina in ambiente subacqueo.

Essendo una valutazione estremamente delicata e complessa, la invito ad un colloquio con uno specialista medico subacqueo ed iperbarico che visiti la bambina e possa darle riscontro diretto.
La sua opinione dovrà essere confrontata ed incrociata con il parere del neuropsichiatra che la segue.


Mi viene spesso il mal di testa dopo un’immersione. Non soffro di emicrania né di mal di testa quando mi immergo per breve tempo. Quale potrebbe essere il problema?
Ripetuti mal di testa dopo lunghe immersioni possono avere numerose cause.

Le più comuni sono:

  1. Accumulo di diossido di carbonio nel sangue dovuto a tecniche di respirazione sbagliate. Questi tipi di mal di testa sono molto forti e durano abbastanza.
  2. Posizioni sfavorevoli con iper estensione della cervicale. Spesso si riscontra anche una contrazione dei muscoli del collo.
  3. Stringere troppo forte l’erogatore tra i denti può portare alla sovratensione della mandibola e dei muscoli posturali del collo e quindi causare forti mal di testa che dovrebbero comunque passare rapidamente dopo l’immersione.

Uno dei miei studenti vorrebbe imparare ad immergersi ma ha una paralisi cerebrale. Quali potrebbero essere le conseguenze?
Questa condizione medica è legata ad una lesione cerebrale presente alla nascita e che si manifesta con diversi deficit. Include una serie di problemi clinici, che vanno da quelli motori a veri e propri handicap.

In alcuni casi si presentano convulsioni, difficoltà nell’apprendimento e di linguaggio.
L’idoneità all’immersione dipende interamente dall’estensione della disabilità nei diversi casi.

Candidati con deficit lievi potrebbero essere idonei, altri con disabilità più importanti potrebbero prendere parte ad uno dei programmi indicati per le persone disabili.
L’assenza di convulsioni e la capacità di padroneggiare le tecniche d’immersione sono particolarmente importanti.
Per partecipare all’attività d’immersione, è necessaria una valutazione di caso per caso.


Da piccolo, mio figlio ha avuto diversi episodi di svenimento. Il nostro medico non ha mai capito con esattezza le possibili cause e sembra che, crescendo, si sia tutto risolto. Ora vorrebbe imparare ad immergersi ma quali potrebbero essere i rischi data la sua storia clinica?
Non è una domanda semplice a cui rispondere poiché sono molte le variabili alla base di un’alterazione di coscienza transitoria. Queste alterazioni includono svenimento, calo di pressione (molto comune nei ragazzi), alterazione nel ritmo cardiaco (molto comune negli adulti), effetti dei medicinali ed eventi psicologici, come le allucinazioni.

Così come con l’epilessia, qualsiasi perdita di coscienza sott’acqua potrebbe avere dei risvolti negativi. Quando ci si immerge in nitrox o con una miscela di gas, l’aumento della pressione parziale di ossigeno può aumentale la probabilità di convulsioni così come anche l’aumento del diossido di carbonio. Il miglior consiglio è quello di avere una diagnosi precisa della causa di questi stati alterati di coscienza per valutarne il trattamento specifico disponibile. Non è possibile prendere una decisione ragionevole sull’idoneità all’immersione prima di una valutazione medica da parte di un neurologo o di un altro specialista.


Io amo immergermi ma mi hanno recentemente diagnosticato la sclerosi multipla. Posso continuare a fare immersioni?
Questa malattia neurodegenerativa su base autoimmune ha un esordio variabile, si può manifestare in età compresa tra i 15 e i 50 anni, con un picco di incidenza tra i 20 e i 30 anni. Il decorso clinico della sclerosi multipla è altamente variabile e può essere caratterizzato da episodi acuti ed attacchi intervallati da periodi di remissione sintomatologica. Il grado della disabilità è molto variabile. Negli ultimi anni, le terapie sono molto migliorate.

Immersione e idoneità

  1. Non c’è evidenza scientifica che l’immersione influenzi il decorso della malattia. Circa 20 anni fa è stato fatto il tentativo, senza successo, di trattare la SM con ossigeno iperbarico: i pazienti non hanno riportato esiti negativi a seguito dell’ossigenoterapia iperbarica nè hanno beneficiato del trattamento.
     
  2. Chi è affetto da SM non dovrebbe eccedere negli sforzi fisici e dovrebbe evitare di andare incontro ad episodi di ipo- (raffreddarsi) od ipertermia (riscaldarsi troppo). I subacquei affetti da SM, nello specifico, dovrebbero seguire caldamente queste raccomandazioni.
     
  3. In ogni singolo caso, è bene valutare se il candidato sia in grado di sostenere l’attività fisica che questo sport richiede e se sia in grado di padroneggiare le competenze subacquee necessarie. I subacquei dovrebbero parlare sia con uno specialista in medicina subacquea e iperbarica che con un neurologo.

Sono un istruttore subacqueo. Qualche giorno fa si è iscritto un ragazzo in possesso di certificato medico sportivo valido per l'attività subacquea. Mi ha riferito che soffre di epilessia ed è sotto trattamento. Sono preoccupato che possa avere una crisi durante l'immersione, voi potete darmi qualche consiglio?
Per il suo allievo, e in generale in qualsiasi forma di epilessia, si possono prendere in considerazione le immersioni se sono soddisfatte le seguenti tre condizioni: -non vi sono state crisi comiziali per più di 5 anni -tracciato EEG nella norma -non è più necessaria terapia farmacologica

Comprendo che in questo caso abbiamo già certezza che la terza condizione non è soddisfatta. La invito a consigliare al suo allievo di farsi visitare presso uno specialista in medicina subacquea ed iperbarica al fine di valutare il rilascio dell’idoneità a questa disciplina sportiva proprio in vista della sua storia clinica.


Sono un subacqueo principiante ed ho difficoltà con la compensazione. Ho sentito dire che non bisogna immergersi se si usano decongestionanti nasali, ma è sicuro invece usare gli steroidi nasali?t I should not dive if I use nasal decongestants, but is it safe to dive if I use nasal steroids?
E’ molto comune per i nuovi subacquei avere difficoltà nella compensazione dell’orecchio medio. Acquisendo maggiore esperienza capirai quali sono le tecniche che meglio funzionano per te e, di conseguenza, la compensazione diverrà più facile. Esistono dati scientifici limitati legati alla subacquea e ai medicinali ma, conoscendo gli effetti collaterali degli spray nasali a base di steroidi, ci sono poche ragioni di sospettare che possano essere problematici per i subacquei.

Anche se l’azione rapida dei decongestionanti può sembrare allettante, ci sono diverse ragioni per le quali gli steroidi rappresentano un’opzione più sicura.
Il gonfiore e l’infiammazione delle cellule che rivestono le trombe di Eustachio, lo spazio dell’orecchio medio e i seni paranasali possono causare l’occlusione e il barotrauma. Le mucose che rivestono questi spazi sono molto vascolarizzate. I decongestionanti, costringendo i vasi sanguigni delle suddette mucose, diminuendo così il gonfiore, sono solo una soluzione a breve termine alla congestione.

Quando l’effetto dei decongestionanti svanisce, infatti, non ci sarà più costrizione dei vasi sanguigni. Questi si gonfieranno di nuovo e potrebbero congestionarsi più di prima, causando il cosiddetto effetto di rimbalzo.
Al contrario dei decongestionanti, gli steroidi non agiscono da vasocostrittori quindi non ci sarà nessun effetto di rimbalzo.
Un ulteriore svantaggio dei decongestionanti è che vengono usati solo per un breve periodo e possono perdere efficacia con l’uso abituale, al contrario invece degli steroidi, del fluticasone propinato e di medicinali simili, usati per periodi decisamente più prolungati. In conclusione, si può prevenire il barotrauma dell’orecchio medio tramite la giusta formazione sulle tecniche di compensazione dell’orecchio, piuttosto che con l’uso di decongestionanti nasali.


Quattro settimane fa mi sono sottoposto ad una timpanoplastica (ricostruzione del timpano) e ad una mastoidectomia (rimozione dell’infezione dall’osso dietro l’orecchio). Quando posso tornare ad immergermi? O dovrei astenermi per il momento?
Le procedure chirurgiche effettuate nella zona dell’orecchio medio possono avere riscontri differenti sulla compensazione. Una mastoidectomia è un’operazione chirurgica molto complessa. Solitamente, dopo la maggior parte delle timpanoplastiche, l’attività subacquea può essere ristabilita piuttosto in fretta (in caso di timpano resistente accertato da un otorinolaringoiatra), al contrario, una mastoidectomia ha una fase di guarigione che va dalle 8 alle 12 settimane, dopo le quali solo il controllo di un medico ORL validerà l’opzione di tornare ad immergersi.

L’anatomia alterata dell’orecchio, dopo la completa guarigione, richiede necessariamente l’esame attento di uno specialista, il quale ne verificherà la resistenza e la capacità di compensazione.


So che sentirsi stanco dopo un’immersione potrebbe essere sintomo di malattia da decompressione ma io ho quasi sempre questa sensazione. Devo preoccuparmi?
La sensazione di stanchezza non patologica, successiva ad un’immersione, varia da persona a persona. Alcuni fattori, come la forma fisica, lo stress termico, la costrizione determinata dalle attrezzature, le abilità subacquee, lo stress psicologico (positivo o negativo) e la distrazione, possono tutti avere effetto sulla stanchezza di un individuo.

Mentre queste variabili permettono difficilmente di quantificare la stanchezza come sintomo di malattia da decompressione (MDD), una spossatezza insolita è solitamente associata ad altri sintomi della MDD.

I meccanismi che causano la spossatezza come sintomo di MDD non sono ancora chiari, anche se potrebbero essere la risposta ad una serie di eventi fisiologici che hanno luogo nei tessuti: potrebbe essere attraverso una stimolazione diretta dei tessuti nervosi o indirettamente attraverso la stimolazione di altri tessuti.
E’ possibile che l’attenzione attualmente posta sull’identificazione dei marcatori biochimici della MDD aiuti a dare una risposta al quesito.

Di certo, la MDD rappresenta una risposta complessa e multifocale alla decompressione. Un affaticamento insolito o “eccessivo” (rispetto alla normale stanchezza di un individuo nel post immersione) è comunque un sintomo riconosciuto.